PREGHIERA: FONTE INESAURIBILE DI SPERANZA

Papa Benedetto XVI ci insegna che il primo luogo essenziale da cui sgorga la speranza è la
preghiera. Se non siamo ascoltati da nessuno, Dio ci ascolta. Se non possiamo più parlare con
nessuno, Dio dialoga con noi. Se non c’è più nessuno che possa aiutarmi, Dio può aiutarmi.
Alleniamoci alla pratica della preghiera! Per ritrovare speranza nel futuro e nell’umanità. Troppo
spesso abbiamo dimenticato di pregare (anche ringraziare e lodare è pregare! non solo chiedere!)
e vediamo dove siamo arrivati!


Vi proponiamo di seguito la sintesi della riflessione che don Paolo Vigolani ci ha proposto
nell’incontro del 28 settembre scorso a Vezzano:


Papa Francesco, nella lettera a mons. Fisichella per il Giubileo 2025, auspica che la preparazione
all’Anno Santo sia una grande sinfonia di preghiera, per recuperare il desiderio di stare alla
presenza del Signore, ascoltarlo e adorarlo, ringraziarlo e lodarlo.
Il Papa usa la metafora musicale per evidenziare come l’armonia si raggiunga attraverso la
diversità. Ogni strumento suona in maniera diversa, nello stesso modo ognuno ha un suo modo e
un suo motivo per pregare. Accordandosi , attraverso il riconoscimento del medesimo scopo, si
crea l’armonia, si suona una Sinfonia che giunge al Cielo.
Perchè ciascuno riesca ad accordare il proprio strumento (ovvero sé stesso) è necessario che a sé
stesso si riconnetta, prenda contatto con il Sé più autentico. Solo il rapporto con il vero Sé fa
scaturire la preghiera, che ha genesi nel proprio stato d’animo, nella propria necessità del
momento: nella gioia incontenibile, nella paura che atterrisce, nello stupore del creato, nel
ringraziamento. La massima espressione della sinfonia di preghiera è la Messa dove ognuno fa la
propria parte in base al servizio e al carisma che lo contraddistingue (prete, coro, sacrista, lettore,
chierichetto, fedele..). E’ faticoso creare l’armonia quando qualcuno di questi servizi viene meno!
Come sarebbe difficile suonare la Sinfonia n.3 Eroica di Beethoven senza violini o senza le
percussioni.
Ma come si fa a pregare?
Quando un bambino nasce ha già in sé il germe della preghiera, che esercita da subito nei
confronti della madre, prima attraverso il pianto, poi con la modulazione della voce, infine con le
parole. Si impara a pregare come si impara a parlare, assecondando una propria innata
propensione.
Si può imparare a pregare bene?
Sì! Pregare bene (in maniera efficace e gratificante) si può fare, come il bambino, rivolgendosi a
qualcuno con cui si ha una relazione stretta.
Se ci approcciamo a chiedere, parlare, lodare, nei confronti di qualcuno di sconosciuto, non
sappiamo da che parte incominciare….
Per questo, per pregare bene, è necessario allenare la nostra confidenza con Dio. Gesù ci è di
esempio anche in questo. Gesù affascina gli Apostoli con il Suo modo di pregare (Signore, insegnaci
a pregare).
Ma perchè?
Perché dal Suo pregare traspare la relazione che Lui ha con il Padre, il Suo immergersi nel dialogo
con Lui. Intenso, vero.
Anche noi possiamo aspirare a questo: un dialogo intenso con Dio, una preghiera che ci arricchisce
e ci eleva.
Come?
Nel silenzio, esercitando l’incontro con noi stessi e i nostri bisogni, “esercitando” la nostra
relazione/confidenza con Gesù, anche noi riusciamo a pregare bene!
Pensiamoci bene,
Quando in noi viene meno la speranza? Quando, nelle difficoltà, ci sentiamo inutili, soli, non
accolti, non amati. Allora ci sentiamo disperati. In questo caso un gesto d’affetto, una carezza,
un abbraccio, può sgretolare la nostra disperazione. Sentirci amati, come esperienza fisica, reale,
non solo a parole, ci dà scopo e speranza.
Per questo, per non farci disperare nella vita piena di prove, Dio vuole darci la concretezza
del Suo Amore.
Come?

  • Innanzitutto incarnandosi. Gesù, vero Dio ma anche vero uomo, fa passare il suo Amore
    attraverso la sua corporeità
    . Quando guarisce, tocca, si fa vicino, prende per mano e in
    questo modo fa sentire l’altro preso a cuore.
  • Gesù fa giungere il suo amore a noi attraverso il suo corpo anche sulla croce. Gesù soffre e
    muore per davvero
    , per noi vince la morte fisica risorgendo e ci dà la certezza di essere
    diventati, attraverso il suo sacrificio fisico, eterni.
    Anche oggi l’incontro con Gesù e il suo amore passa per noi attraverso l’esperienza
    corporea. Anche oggi attraverso l’esperienza corporea possiamo trovare un’ancora sicura che ci
    ridona speranza.

    Come?
  1. Nell’EUCARISTIA.
    Questo è il primo e più autentico modo in cui possiamo toccare e farci toccare dal corpo di Gesù,
    ricercando e trovando speranza. Per questo, ridurre l’accostarsi all’Eucarestia come mero
    assolvimento di precetto o abitudine, è svilire in sé il più grande dono che ogni giorno il Signore ci
    dà: il Suo abbraccio reale, paterno. Scegliere di accostarsi all’Eucarestia deve nascere dalla nostra
    ricerca dell’abbraccio di Gesù, per ritrovare senso e sentirsi amati. Se andiamo a Messa e poi siamo
    ancora disperati, la nostra partecipazione è stata vuota, disattenta, il nostro intento sbagliato.
    Allora chiediamoci: che ruolo ha l’Eucarestia nella mia vita? Nel mio essere moglie o marito,
    genitore o figlio, amico o collega? Rispetto alle difficoltà, alle fragilità, al dolore che vivo?

  2. Nei LEGAMI SIGNIFICATIVI.
    1Giovanni 4:12 “Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore
    di lui è perfetto in noi.” Dio manifesta il Suo Amore per noi attraverso le persone che ci vogliono
    bene, quelle che ci fanno stare meglio nei momenti difficili, quelle persone nel cui abbraccio ci
    sentiamo al sicuro. Esse sono sacramento perché attraverso il loro amore facciamo esperienza
    dell’amore di Dio.
    Allora chiediamoci:
    ● quali legami significativi ho?
    ● penso mai che sia Dio che mi ama attraverso di loro?

3. Nei POVERI.
Matteo 25,40 “Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose
a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” Allora incontriamo fisicamente il
Signore prendendoci cura dei poveri. Chi sono i poveri? Sono tutti quelli che ho intorno e amandoli
non ho nessun vantaggio. Possono esse anche i nostri cari, che nelle loro fragilità, nelle difficoltà,
dobbiamo amare senza pretendere nulla in cambio. I poveri a cui dare la nostra carità, il nostro
amore, non sono quelli che ci scegliamo, ma quelli che la Provvidenza ci fa incontrare. L’amore che
io do ai poveri (piccoli, soli, malati, tristi, affaticati), la cura gratuita con cui mi approccio a loro, per
me è “terapeutica”, mi guarisce dalla mia solitudine, dalla mia disperazione. La speranza aumenta
con il dono di sé. La mia esistenza acquista un buon motivo con il dono agli altri.
Allora chiediamoci:
● riesco ad amare senza pretendere nulla in cambio?
● ho mai provato una sensazione di arricchimento interiore accudendo una persona bisognosa?

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